Capezzoli introflessi

Capezzoli introflessi: cause, disturbi e trattamento

Gli interventi di chirurgia plastica del seno non si limitano ad aumentarne o diminuirne il volume, ma anche a correggere altri difetti. Come nel caso dei capezzoli introflessi, una condizione anomala che si manifesta con la rientranza del capezzolo verso l’interno dell’areola.

Il capezzolo è una struttura in cui confluiscono i dotti galattofori per aprirsi verso la superficie esterna. Presenta una consistenza morbida ed elastica, e alla sommità assume un aspetto rugoso grazie alla presenza degli orifizi di sbocco. Di norma è più o meno in rilievo rispetto al piano dell’areola, può essere naturalmente retratto e se stimolato si estroflette verso l’esterno.

Siamo in presenza di capezzolo inverso o introflesso quando rimane retratto a livello dell’areola, una condizione che può essere monolaterale o bilaterale.

I gradi di introflessione sono diversi: la forma lieve è generalmente reversibile, ma nelle forme più gravi, quando l’inversione è permanente e il capezzolo è risucchiato all’interno del seno, oltre a determinare fastidi di natura estetica e disturbi di carattere psicologico può interferire con il naturale allattamento al seno.

Quali sono le cause del capezzolo introflesso?

Il capezzolo introflesso, contrariamente a quanto si pensa, è una condizione assai comune e diffusa sia tra le donne che tra gli uomini, sebbene in misura minore e con un impatto trascurabile. Può avere cause congenite (una malformazione presente sin dalla nascita) ma anche acquisite. La maggior parte dei casi è di natura congenita, una malformazione causata da dotti galattofori troppo corti che tendono a tirare il capezzolo, costantemente, verso l’interno. I casi di introflessione acquisita devono, invece, lasciare spazio all’indagine medica al fine di scongiurare neoplasie o altri disturbi. Il consulto con un esperto deve essere particolarmente tempestivo in caso di perdite di siero o di sangue. Se l’inversione è un processo lento e graduale di solito è benigna, se invece si verifica in tempi rapidi, può essere un’infiammazione, un cancro o un esito post-chirurgico.

Quali sono i rimedi?

Se si è in gravidanza, in presenza di casi più lievi è possibile ricorrere a dispositivi correttivi: sono simili a piccole ventose che spingono il capezzolo verso l’esterno. Per ottenere dei buoni risultati vanno applicati per alcune ore al giorno e per almeno tre mesi. Nelle forme più gravi, quando l’inversione è permanente e il disturbo risulta inoltre spiacevole da un punto di vista estetico, sarà possibile optare per un intervento di chirurgia plastica.

Come si esegue l’intervento di correzione dei capezzoli introflessi?

L’intervento di correzione dei capezzoli introflessi generalmente si esegue in anestesia locale con sedazione. Consiste nell’eseguire una mini-incisione periareolare (cioè sul contorno dell’areola), rimuovere i setti fibrosi e riportare il capezzolo nella posizione naturale. Difficilmente la sensibilità ne risulta compromessa, in quanto le fibre nervose non vengono sottoposte a lesione.

Dopo l’intervento chirurgico l’allattamento viene compromesso?

È un problema che potrebbe insorgere nel post-operatorio, ma non è detto che l’intervento comporti limitazioni a successivi allattamenti quando i dotti galattofori non vengono recisi, ma solo liberati dalle aderenze. Con un capezzolo introflesso di 2° o 3° grado, in ogni caso, è comunque molto difficile che una donna riesca ad allattare, perché la costrizione dei dotti è già compromessa, il rischio di infezione è alto e potrebbe trasmettersi alla mammella.

Il risultato è definitivo?

Sì, il capezzolo presenterà forma e posizione normale. Spesso la procedura si associa alla mastoplastica additiva (l’impianto di una protesi può aiutare a mantenere estroflesso il capezzolo) o la mastopessi (sollevamento del seno), approfittando del fatto che non si debbono aggiungere ulteriori cicatrici, ma si sfruttano quelle dell’intervento sul capezzolo. L’intervento di correzione dei capezzoli introflessi permette alla paziente di riprendere praticamente subito le sue normali attività quotidiane, con l’accortezza di evitare sforzi importanti per almeno 15-20 giorni. Il dolore post operatorio è praticamente assente e ben controllabile dai comuni farmaci antidolorifici.

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